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giovedì 27 gennaio 2011

Il Sincretismo: la conciliazione di idee contrapposte...

Sincretismo è una parola dalle origini greche che significherebbe "coalizione cretese" indicando il mettere da parte posizioni differenti per difendersi da pericoli esterni.

In antropologia

La cosa interessante da notare è la connotazione antropologica del termine, ovvero il concetto secondo cui tutte le religioni hanno un fondo comune dal quale se ne ricavano i veri valori a cui tutti gli esseri umani dovrebbero ispirarsi: amore, fratellanza, empatia verso il prossimo, provenienza da una umanità comune sotto lo stesso cielo, ecc.

Questi valori li ritroviamo in molte pratiche di preghiera e meditazione dall'estremo oriente all'estremo occidente, dai popoli africani agli inuit del polo nord.

Una delle cose che mi ha sempre affascinato dello studio dell'antropologia è la verifica delle cose comuni tra vari popoli anche molto distanti tra loro.

Alcuni pensano che queste somiglianze siano dovute alla fatidica Atlantide, un grande impero che governava sull'intero globo, poi finita in fondo al mare a causa delle proprie azioni.

La storia secondo libri di testo, dice invece che culture differenti possono trovare soluzioni simili.

In entrambi i casi la questione non cambia, che esso sia imprinting oppure soluzioni simili, i valori di base a cui si ispirano tutte le religioni, quindi tutte le culture sono le cose migliori dell'intera umanità.

Prima fase delle religioni: epurazione

Ma la religione quando si gerarchizza, qualunque essa sia, tende a eliminare il non controllabile, quindi tutte quelle idee che portano a considerare l'uguaglianza tra uomini (altrimenti non servirebbe gerarchia), l'empatia per il prossimo (altrimenti verrebbe meno il sistema di eliminazione), la natura umana come immersa nell'ambiente (altrimenti non si potrebbe fare leva sulla punizione degli istinti), e così via, allontanandosi così dai suoi fondamenti di base.

Questo è successo con la religione ebraica, quella cristiana (sia cattolica, ortodossa o protestante), quella mussulmana, e anche in oriente (Confucianesiamo, Buddismo, Iduismo, ecc.).

Seconda fase: proselitismo

Dopo l'epurazione di solito una religione tende al proselitismo (o evangelizzazione qual si voglia dire), tentando di reintrodurre quei valori primari, spesso con il conta-gocce, tentando di trovare similitudini con culture che si vorrebbero "abbordare", a volte anche in maniera piuttosto forzata.

In questa fase la religione presa in esame riscopre usanze perdute nel periodo dell'epurazione, riadattandole al momento presente e al tentativo di "abbordaggio".

In questo periodo nascono così movimenti ideologici e culturali paralleli, spesso in aperto contrasto con la cultura che le ha generate direttamente o indirettamente, ad esempio la New-Age è la fase di ramificazione indiretta della cultura cattolica nel momento del sua evoluzione proselitistica, riscoprendo anche pratiche antiche, mescolandole tra loro, spesso fraintendendole, molto raramente capendole.

Spesso i cristiani ferventi pensano che la loro religione sia la più evoluta del mondo, non rendendosi conto che sono indietro di qualche secolo se non di qualche millennio rispetto ad alcune religioni estremo-orientali come ad esempio il moderno buddismo(per moderno buddismo non intendo il buddismo delle starlette di Hollywood che spesso cade nel ridicolo).

Con questo non voglio dire che l'una è meglio rispetto all'altra o viceversa, semplicemente che l'una è più giovane rispetto all'altra.

Ad esempio la compassione buddista è simile se non addirittura uguale alla solidarietà sociale cristiana.

Delle prime quattro civiltà che nacquero (mesopotamia, egitto, fiume giallo, fiume indo) l'unica ad aver mantenuto un suo equilibrio e continuazione storica (anche se più o meno precaria) è quella Taoista.

Terza fase: riorganizzazione

Ma continuiamo con l'evoluzione delle religioni... successiva alla fase di frammentazione e sfibramento, si ha una successiva riorganizzazione delle idee, riassorbendo in parte o tutte quelle linee nuove precedentemente create, tramite un'azione di coinvolgimento sociale... ad esempio, la cultura ebraica ha radicato le relazioni sociali sulla religione, dove i rabbini sono oltre che simili ai nostri preti, anche studiosi della cultura ebraica, sia religiosa, che sociale, che storica e culturale, quindi iper-radicati sia tra i fedeli che nel territorio, veri e propri funzionari oltre che del culto anche delle faccende del popolo.

Quarta fase: semplificazione

Dopo la riorganizzazione le religioni si trovano ad avere molti esperti della propria dottrina, che assorbono dalla società le questioni di risalto, tentando di dare risposte concrete ai fedeli e alla società, senza trincerarsi dietro gli assiomi specifici della propria fede, in questa fase coesiste una confusione e moltitudine di "Guru", "Teologi", "professori di fede", ecc.

Tutti questi esperti, veri o presunti tali, tentano di dare risposte, spesso finendo in vicoli ciechi, altre volte riuscendo a piegare le dottrine alle necessità contingenti, altre ancora ottenendo vere e proprie dottrine ex-nove, ottengono una eterogeneità all'interno degli stessi dogmi.

Un esempio di questo stadio è l'attuale religione induista, essa ha una forma dottrinale unica, suddivisa in tanti filoni di pensiero quanti sono i "guru", i quali in realtà non rispondono direttamente ai presunti detentori della dottrina unica... inoltre la gerarchia ecclesiale è inesistente, proprio a causa dello stadio di evoluzione....

Quinta fase: da religione a filosofia, il ritorno alle origini

In questa ultima fase il concetto divino perde la sua connotazione mitica, rientrando a piene mani in un'ambito di tipo filosofico, sociale, e di "prospettiva" di esistenza.

In pratica si arriva allo stadio di aggettivante di sincretismo allo stato puro, ovvero esiste una filosofia, essa era una religione, tramite lo studio di questa ex-religione-neo-filosofia si ottiene una prospettiva della vita in grado di poter, almeno intravedere, i valori primari dell'umanità, rendendosi conto che in realtà tutte le religioni e i loro ideatori sono partiti dal tentativo di avere una prospettiva del divino per risolvere problemi pratici e sociali.

Quindi in pratica tutte le religioni sono come piccole telecamere che inquadrano una o più facce dello stesso oggetto, il quale dovrebbe essere utile alla soluzione completa di qualsiasi problema sociale.

Detta ancora in maniera più semplice, i "fedeli" e gli "studiosi/sacerdoti" sono in realtà parte di un meccanismo di confronto paritetico per esplorare contemporaneamente sia il divino che il sociale, attingendo a qualsiasi conoscenza possa essere utile al benessere sia personale (fisico, psicologico, spirituale, ecc.), sia sociale.

Un esempio è il Taoismo, che come ho già spiegato si è evoluto fino a perdere completamente la sua parte religiosa, ma evolvendo la sua parte filosofica.

Il problema in questa fase consiste in alcuni elementi che tentano di riportare la religione in questione in ambito prettamente teologico, spesso creando vere e proprie nuove religioni, ripartendo quindi dalla fase di epurazione.

Fortunatamente nel Taoismo esiste solo una piccola minoranza in Cina, che senza troppa convinzione sta tentando di ripartire con gli dei animisti, e un Taoismo a loro dire "pulito", in realtà il loro risultato è pressochè nullo.... se non a volte un po' ridicolo....... ovviamente a mio giudizio.... ma potrei sbagliarmi....


Come si può vedere alla fine il sincretismo è quel processo inevitabile a cui, in fasi alterne, ogni religione tende, al fine di trasformarsi in filosofia, per ricentrarsi nei valori primari dell'umanità.

giovedì 20 gennaio 2011

Il maestro nella meditazione: Se incontri un Budda per strada, uccidilo!!

Se incontri un Budda per strada, uccidilo!
Questo è un simpatico Koan che racchiude in se la visione che si deve avere nei confronti di persone che si mostrano a noi come i "veri illuminati", detentori di verità a loro dire "assolute".

Nella meditazione molte volte la si impara da uno o più maestri, o che noi riteniamo tali.
La cosa interessante è il ciclo che si crea tra allievo e maestro....

"Maestro" o "Maestra" mi sa un po' da scuola elementare ....
L'insegnante in oriente, specialmente in Giappone, lo si definisce Sensei... ma in giappone Sensei ha anche significato sarcastico di "presunto leader megalomane" .... quindi il termine con questa doppia accezione è molto Taoista!
La cosa interessante è che se esiste un Sensei esiste anche un Senpai (studente anziano) e quindi un San (semplicemente sig./sig.ra, che nelle arti marziali sarebbe il novizio)... in giapponese esistono tante sfumature tra questi tre termini, ma mi fermo qui per brevità.

Ma partiamo con la prima fase:

Le persone, prima di intraprendere un percorso qualsiasi di meditazione o pratica relativa (arti marziali, pratiche olistiche, ecc.), si informano, acquisendo un enorme bagaglio di conoscenze alla rinfusa, spesso contrastanti tra loro, alcune addirittura errate o capite malissimo....

Sebbene tutto, la persona si guarda intorno, un po' smarrita, sognando qualcuno che lo aiuti a dirimere un po' di nebbia.

Se si ha fortuna, un po' di prudenza, e a volte pazienza, si incontra un Sensei, diventando così San in una determinata disciplina.

In questo primo passo spesso si inizia ad ammirare le doti del Sensei, tentando di acquisire il più possibile, venendo ad essere quasi abbagliati dalla bravura del maestro....

....da parte del maestro le gatte da pelare non sono poche...

L'allievo più "inspirato" è spesso quello che ha tantissime nozioni alla rinfusa, una confusione mentale ai massimi livelli, e riuscire ad ordinargli le idee e snebbiarlo da falsi preconcetti è un lavoraccio degno del lavoro in miniera di carbone.....

Il Sensei però ha degli alleati: i Senpai, i quali sono allievi anziani, quasi maestri a loro volta, che seguendo le indicazioni del Sensei affiancano l'allievo, e tentano di assisterlo, specialmente nell'evitare errori e inconvenienti vari....

L'allievo di per sé vede i Senpai con invidia, vorrebbe essere al loro posto e spesso non capisce come questi siano arrivati a certi livelli.

In questa fase: Il Sensei mostra al San cosa fare e come
Emozione del San per il Sensei: Affetto, in alcuni casi quasi cieco
Emozione del Sensei per il San: Preoccupazione!! Tanta preoccupazione!


Seconda fase:

Una volta che l'allievo inizia a snebbiarsi la mente dai falsi preconcetti, e dalle false informazioni, inizia a provare soddisfazione per sé stesso, vede il Senpai come un amico, e inizia ad intravedere i difetti del Sensei, specialmente quando viene richiamato anche in maniera brusca del tipo:
"Tu fai questo da tanto e non l'hai ancola impalato bene! 
Col cavolo che io passale te a livello successivo!"
Per il Sensei si intrufola l'idea che se l'allievo non lo si tiene in tensione si potrebbe generare una serie di meccanismi di autovalutazione erronei, quindi è la fase in cui il Sensei vuole dimostrare di essere uno di quelli bravi e professionali, creando anche barriere emotive, e così facendo mostrando il fianco delle proprie emozioni (Morihei Ueshiba, fondatore dell'Aikido, diceva che quando si è troppo rigidi si perde l'equilibrio).

Anche in questa fase intervengono i Senpai, che questa volta prendono le difese dell'allievo, grazie a questi validi collaboratori, un bravo Sensei capisce come ritornare ad una critica equilibrata nei confronti dell'allievo, sempre e comunque tenendolo in tensione, ma facendo capire all'allievo che è sulla strada giusta.


In questa fase: Il San fa, il Sensei giudica
Emozione del San per il Sensei: Affetto, ma diventa anche critico
Emozione del Sensei per il San: Affetto, interesse, condita con un po' di preoccupazione

Terza fase:

L'allievo apprende in maniera disciplinata l'arte del Sensei, si appoggia ai Senpai per le delucidazione e usa i Senpai come cartina tornasole del proprio avanzamento, la soddisfazione per la disciplina aumenta così come l'ammirazione per i Senpai, mentre nei confronti del Sensei si insinua risentimento, a volte quasi un fastidio viscerale....

Per il Senpai la vita si fà più semplice, diventa ago della bilancia tra Sensei e San, imparando come in futuro poter anche come insegnare.

Per il Sensei è il momento più oscuro... rimane interdetto se far passare ai livelli successivi il San o farlo rimanere in quello stato, sa che se sceglie il momento sbagliato, anticipando il passaggio il suo allievo si monterà la testa, e di sicuro combinerà problemi, se invece ritarderà il passaggio rischia di stancare l'allievo, facendogli abbandonare il percorso....


In questa fase: Il San e il Sensei praticano fianco a fianco
Emozione del San per il Sensei: Disaffezione, a volte vero odio
Emozione del Sensei per il San: Rimane interdetto, sa che deve prendere l'attimo e che se sbaglia sarà un disastro


Quarta fase:

L'allievo è diventato un Senpai, il braccio destro o sinistro del Sensei, inizia a rivalutare il Sensei, comprendendo un po' alla volta i motivi del comportamento del suo maestro, l'arte e la disciplina diventano cosa di tutti i giorni.

Il nuovo Senpai quindi vive nell'arte del maestro e nella disciplina, ringraziando i vecchi Senpai che nel frattempo si sono allontanati diventando a loro volta Sensei, sa che anche lui prima o dopo sarà un Sensei, ma non ha fretta, anzi, quasi gli dispiace passare a una fase successiva.

Il Sensei in questa fase è al suo picco d'orgoglio, ha un nuovo Senpai, ha sudato venti camice per insegnargli l'arte e la disciplina, sa che ha fatto un buon lavoro, vedendo il proprio allievo che è arrivato ad un buon livello ha quasi tristezza nel sapere che la fase successiva può essere solo l'abbandono come nuovo Sensei di quell'allievo che si è dato da fare.

Osserva con attenzione il suo allievo dandogli consigli su come, un po' alla volta, imparare ad insegnare.


In questa fase: Il Senpai mostra, il Sensei osserva, i due dialogano alla pari

Emozione del Senpai per il Sensei: Perdono ed empatia per il maestro, grande rispetto
Emozione del Sensei per il Senpai: Soddisfazione e un po' di tristezza

Quinta Fase:

A questo punto il Senpai inizia a verificare e sperimentare strade che il proprio Sensei non ha avuto tempo o modo di percorrere, si confronta con il maestro come ad un fratello maggiore, nei confronti degli allievi più giovani tenta di aiutarli come può, anche a volte parlando chiaramente con il proprio Sensei.

Per il Sensei è il tempo di raccolta, si confronta con il proprio Senpai, discute con lui su come evolvere le tecniche di insegnamento, e la stessa disciplina e arte, insegna al proprio Senpai come sfruttare le doti di Sensei, capisce di non aver perso tempo.


In questa fase: Il Senpai evolve, il Sensei evolve

Emozione del Senpai per il Sensei: Riconoscenza e rispetto
Emozione del Sensei per il Senpai: Rispetto, soddisfazione e un po' di tristezza

E infine...

E infine colui che ha iniziato come allievo esce come Sensei...
E il Sensei per ogni allievo che esce, cresce, facendo crescere le proprie capacità, la propria arte, la divulgazione della propria disciplina....
Entrambi si assumono il rischio di evolvere, coscienti che a volte potrebbero essere delusi, amareggiati, o altro.

Ma non sempre...

Ma non sempre è una storia a lieto fine, ci sono allievi che fraintendono le parole e gli atti dell'insegnante, insegnanti che non insegnano, Senpai assenti.... falsi profeti e false discipline e arti... ma se una cosa interessa non ci si deve scoraggiare ma provare, provare, provare.... a volte anche provare a cambiare insegnante.... o allievi....

Per oggi questo è tutto, alla prossima settimana!

mercoledì 12 gennaio 2011

Il Taoismo: una prospettiva antica quanto la storia dell'Uomo

Le prime società e città organizzate dell'umanità nacquero tra il 6000 a.C. (8000 anni fa) e il 4000 a.C. (6000 anni fa), tutte vicino a corsi d'acqua importanti come il fiume Indo(India), il fiume Giallo(Cina), il Nilo(Egitto), e la mezza luna fertile tra il Tigri e l'Eufrate(Mesopotamia, attuale Iraq)


Da noi in occidente studiamo le prima società egiziane e mesopotamiche, ma appena si accenna alle società e civiltà nate vicino alle sponde all'Indo, e ancora meno per la società che fiorì lungo il fiume Giallo.

Secondo l'archeologia di qualche anno fa si dava come più antica quella dell'Indo, invece secondo alcuni ritrovamenti recenti, pare che la società comparsa lungo il fiume Giallo sia nata parallelamente, precedendo di alcuni secoli quelle che invece ci fanno studiare a scuola da bambini.

Le caratteristiche della prima società lungo l'Indo non sono molto dissimili da quella mesopotamica: uso delle esondazioni per avere raccolti floridi, società matriarcale poi "evolutasi" in patriarcale, prime strutture militari ed economiche, cristalizzazzione della società in regni più o meno armati, successive guerre ed emigrazioni, colonizzando così i territori circostanti.

Le città nate lungo il fiume Giallo, oltre a queste caratteristiche comuni, sembra che si differenziassero per la nascita quasi immediata di punti di scambio commerciali e di rifornimento, una prima moneta formata da gusci di tartaruga, usata anche per divinazioni e fare calcoli sulle merci, sui tempi e tutto quello che potrebbe servire ad un commercio più o meno "primitivo".
Ciò ancora da capire è come mai ad esempio la cultura agricola cinese nasce in altri posti come nel fiume Yangtze, per poi commerciare lungo il fiume Giallo.... ma studi sono ancora in corso....

Quindi in sintesi, mentre le altre tre situazioni si sviluppano sopratutto per l'agricoltura, quella del fiume Giallo si sviluppa anche per un commercio più o meno serrato.

Sappiamo che nell'antichità si studiava la natura per due motivi principali:
  • Scongiurare catastrofi (inondazioni, siccità, alluvioni, ecc.)
  • Orientarsi per viaggiare (dalle stelle e dal paesaggio circostante)

Questi due motivi derivavano da bisogni differenti quali ad esempio:
  • Preservare i raccolti
  • Commerciare
  • Cacciare

Chi commerciava era sottoposto poi a pericoli di ogni sorta come ad esempio:
  • Perdita delle merci durante l'attraversamento di guadi
  • Predoni e malviventi vari
  • Attraversamento di zone di guerra

Ma chi commerciava aveva anche la possibilità di confrontarsi con altre idee, altre forme di società ed altri modi di vivere.

Quindi, almeno inizialmente, la società cinese ebbe la possibilità di sviluppare idee eterogenee e sviluppare una enorme sensibilità nei confronti della natura, sviluppando anche una discreta conoscenza iniziale degli astri e dei loro movimenti.

Dall'osservazione attenta dell'ambiente circostante e dal confronto diretto tra idee si sviluppò il primo Taoismo, come una sorta di tentativo di spiegare e sopratutto prevedere gli elementi naturali e umani.

La sua evoluzione nei secoli sarebbe lunga da spiegare, basti pensare che il "canone taoista" ad oggi si compone di più di cinquemila (5000) testi scritti, il cui primo riordino si ebbe solo nel 400 d.C., ma alcuni testi più antichi sono stati anche persi durante la storia tormentata della Cina.

Ad oggi il termine "Taoismo" può indicare varie cose:
  • Una teologia animista, spesso ormai cristallizzata e con elementi di forte superstizione
  • Un tipo di medicina sviluppata tramite una prospettiva dove i vari organi sono visti nelle loro interazioni
  • Una filosofia complessa, molto vicina "all'indagine sull'essere in quanto tale", cara ad Aristotele
  • Una metodologia di esame degli eventi della vita, che spesso entra bene in sintonia con alcune scoperte scientifiche psicologiche e sociali moderne

In pratica quando si parla di Taoismo al giorno d'oggi non si sta parlando di nulla, il termine Taoismo è diventato quindi un aggettivo, che sta ad indicare una determinata prospettiva da cui partire per una disamina secondo un metodo antico di millenni.

Le prime basi
Accennerò brevemente alcuni principi base, enunciando poi alcune "sentenze" semplificate in maniera da renderle più o meno comprensibili anche a noi occidentali.
I seguenti principi sono in realtà comuni a molte teorie e filosofie orientali e non solo.
Sono comunque anche le basi su cui si svilupperà gran parte del Taoismo nella sua concezzione sia metodologica che filosofica.

Principio di ciclicità : Tutto è ciclico
In quanto :
L’esistenza in quanto tale è un ciclo

Tutte le cose sono soggette al ciclo Universale

L’Uomo percepisce solo un infinitesimo segmento del ciclo Universale


Meditare sulla ciclicità o non ciclicità dell’Universo porta a dimostrare la sua ciclicità

Principio di mutamento : Tutto è in mutamento
In quanto:
Tutto cambia, anche il cambiamento

Principio di cambiamento : La sostanza prima non cambia, cambia solo la forma
In quanto:
La forma è l'unica cosa che i nostri sensi acquisiscono

La sostanza prima è non rilevabile dai nostri sensi


Se cambiasse anche la sostanza prima di cui si compone un oggetto, quell'oggetto non sarebbe più identificabile come simile all'oggetto di partenza

Principio di equilibrio : Tutto è in equilibrio costante
In quanto :
Il mutamento di un oggetto in posizione di disequilibrio, o tende a tornare allo stato iniziale, o esiste un qualcosa che equilibra la sua posizione.

Come esercizio:
  • Provate a meditare prima su uno dei quattro principi
  • Poi su tutti e quattro i principi insieme
  • Infine provate a cercare di rivedere tutte le dinamiche che vi circondano secondo questi principi, sia le dinamiche umane che quelle naturali

Come ultima nota finale ricordate che il metodo taoista di analisi del comportamento umano, fu ripreso da Carl G. Jung, uno dei padri della psicologia nella sua accezione moderna.

giovedì 6 gennaio 2011

Autocritica: "dove ho sbagliato?"

Dopo la pausa per le festività ritorniamo a parlare di meditazione andando a toccare un argomento un po' critico: l'autocritica


Wikipedia definisce l'autocritica come:
L'autocritica è esaminare e giudicare il proprio comportamento al fine di migliorarlo.
.............
È il risultato di una rigorosa riflessione personale e di gruppo.

L'autocritica in occidente nasce in ambito politico e in special modo nell'applicazione dell'ambito Marxista.
Sempre in politica diventa pratica e metodologia primaria del Maoismo.
In questo ambito viene utilizzata per risolvere i problemi di partito sia ideologici che pratici che amministrativi, oltre che per far umiliare pubblicamente dissidenti e oppositori politici.





Con altra accezzione e in un altro ambito rientra nella fede cristiana con la denominazione "Esame di coscienza", ottenendo nella fede cattolica una pratica dedicata chiamata "Confessione dei peccati".



Fatta questa precisazione storico culturale, l'abbandoniamo, dedicandoci ad alcuni studi di tipo psicologico e sociali (psico-sociale) su questa pratica, spesso inconscia, ed a volte molto nociva.

Nella psicologia si studia le modalità di autocritica nei casi di ansiosità e di depressione, ottenendo l'indentificazione di quella che viene chiamata "autocritica svalutativa" 

L'autocritica svalutativa è quella modalità di giudizio nei confronti di sè stessi atta al deprezzamento delle proprie capacità, affettività, emotività e instintualità, oltre che della propria intelligenza.
In pratica è come rovesciarsi addosso una serie di vagonate di spazzatura, per poi sguazzarci dentro.
Diventa chiaro che questo tipo di autocritica non ci aiuta nè ci fà crescere, anzi ci sminuisce di fronte ai nostri stessi occhi inducendoci uno stato di bassa autostima....

Definita l'autocritica svalutativa e capendo che non ci può essere utile, la psicologia ci viene in soccorso definendo "l'autocritica rivalutativa".

Questo tipo di autocritica si basa proprio sulla propria autostima e la misura di essa.
Una persona con una buona autostima ha la forza di analizzare sè stesso, comprenderne gli errori e i problemi, e successivamente trovare soluzioni e continui metodi di migliormanto, in pratica è il mettersi in gioco in continuazione, cosciente dei possibili fallimenti, e dei possibili successi.

Nel mondo orientale e della filosofia taoista esiste quella pratica che spesso viene chiamata "il ridere di sè"

Proviamo un po' esercizi:
Immaginate di vedervi allo specchio, qual'è la cosa che trovate più buffa di voi?
Se non trovate nulla, guardate meglio... ma se proprio non la trovate vi consiglio di rimettere i piedi per terra....
Se trovate tutto di ridicolo, cercate quello che invece vi piace di voi... se non lo trovate cercate meglio... se ancora non lo trovate vi consiglio di giudicarvi un po' meglio, e trovare i punti del vostro aspetto che potete migliorare subito ... magari rimpinguando la vostra autostima....

Questo esercizio serve per ricordarvi che siamo umani, buffi, ma non troppo, seri, si fà per dire....

.... noi tutti viviamo una commedia, che stà a noi recitarla, secondo un copione che dobbiamo inventarci al momento, su un palco enorme chiamato realtà....
Se vi sentite seri, sorridete ... siete buffi!
Se piangete, sorridete ... siete buffi!
Se vi sentite arrabbiati, sorridete ... siete buffissimi!!!
Da questo principio si basa l'autocritica taoista "ridere di sè".


Una volta che riuscite realmente a sorridere di voi stessi, anche se un secondo prima vi siete arrabbiati, avete pianto, o peggio ancora vi siete sentiti seri, benvenuti nel club dei beati taoisti ...


Secondo il taoismo infatti anche i santi e i profeti non possono essere sempre seri, anzi...


L'autocritica taoista si fonda infatti sulla similitudine tra animali buffi e l'uomo....
ad esempio una scimmia

Riuscireste a imitare una scimmia? Fatelo!
Come vi sentite? Buffi? Bravi!

Cosa di voi era più scimmiesco? Magari siete pelosi come una scimmia, oppure riuscite bene a emettere il verso della scimmia, o qualsiasi altra cosa...
Adesso provate a pensare di vedervi da fuori che imitate la scimmia... siete buffi vero? State sorridendo... O sbaglio?

Se non ci riuscite con la scimmia provate con qualsiasi altro animale che trovate buffo...

Bene! Fatto quest'ultimo esercizio ora a ritorniamo in noi:
Cosa della vostra vita è buffa?
E cosa vorreste migliorare?
Come fareste?
Qual'è la prima azione che potete fare?
Quali potrebbero essere gli ostacoli?
Come superarli?

Meditate su questo, potete usare :

E mentre lo fate ricordate... sorridete... siete buffi come un re delle scimmie!!!!!